
I 105 Deportati collepassesi nei lager nazifascisti nella nuova pubblicazione di Pati Luceri
27 Febbraio 2025Il 19 febbraio il prof. Pati Luceri ha presentato a Cutrofiano, in una intensa e partecipata iniziativa promossa dall’Assessorato alla Cultura di quel Comune, la sua ultima, aggiornata e preziosa pubblicazione su “I Deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti”.
La pubblicazione (ringrazio l’amico Claudio Greco di avermi recapitato copia) rappresenta solo il “Primo Tomo” delle sue ricerche aggiornate e riporta i nominativi dei Deportati del capoluogo e dei Comuni da Alessano a Diso. Per i restanti Comuni vi saranno, pertanto, ulteriori pubblicazioni.
Ha scritto il prof. Giovanni Leuzzi, che ha interloquito con l’autore nel corso dell’incontro: “abbiamo il dovere della memoria e della ricerca su quanta tragedia si abbatté anche sulle nostre piccole comunità … Grazie a Pati Luceri per il costante lavoro di ricerca”.
In effetti sono anni che il prof. Luceri compie una preziosa e certosina ricerca per “togliere dall’oblio e dare voce” alle migliaia di “soldati e ufficiali della provincia di Lecce, catturati e prigionieri dei nazisti, deportati nei lager, internati nei campi di transito in Grecia e reclusi nei vari campi di concentramento e prigioni della penisola balcanica e della Francia”.
Se nella precedente edizione Pati Luceri aveva “dato voce” a 7.157 soldati e ufficiali salentini, nell’attuale “ricerca aggiornata ma non ancora del tutto esaustiva” ne aggiunge altri 1.556, portando così a 8.713 i nominativi.
La certosina ricerca del prof. Luceri, del quale sono noti i saldi valori antifascisti, è frutto di varie fonti: i fogli matricolari presenti negli Archivi di Stato di Lecce, Bari e Barletta; gli elenchi dei soldati rimpatriati dalla prigionia forniti dalla Croce Rossa Italiana; centinaia di migliaia di schede biografiche pubblicate su internet dall’Associazione nazionale reduci dalla prigionia; l’Archivio segreto vaticano.
“Ma quest’opera – come lui stesso scrive nella prefazione al libro – non può considerarsi del tutto conclusa. Mancano ancora molti tasselli da aggiungere poiché molta documentazione, per motivi diversi, è ancora di difficile accesso e spesso non consultabile”.
Le ricerche e le pubblicazioni del prof. Luceri mirano soprattutto a sensibilizzare le nuove generazioni e rappresentano, come lui stesso scrive, “un monito per tutti i dirigenti e le dirigenti degli istituti scolastici leccesi, per i docenti e le docenti nonché per tutta la gioventù studentesca – che partirà con i “treni della memoria” per visitare ciò che sono stati e rappresentano tuttora i lager tedeschi – che in quei lager non ci furono soltanto cittadini di religione ebraica ma cattolici, ortodossi, testimoni di Geova, atei, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, democratici, popolari, anarchici, greci, francesi, slavi e russi “sovietici” che furono be 5,7 milioni di cui 3.300.000 deceduti di stenti o di esecuzioni sommarie”.
“Né mancarono gli italiani in quei gironi infernali”, aggiunge Pati Luceri, che scrive, “furono 650.000 gli italiani catturati dalla Wehmacht e deportati nei campi per prigionieri di guerra e di questi 25.000 persero la vita. E non ci fu angolo della nostra amata provincia di Lecce che non pianse lacrime amare per i suoi 8713 prigionieri nelle mani dei soldati del 3° Reich. Ottomilasettecentotredici prigionieri, tra cui, 719, deceduti nei lager tedeschi durante la prigionia, la deportazione o a causa dei postumi della stessa”.
Tra questi ci furono anche 105 giovani collepassesi, di cui 15 dispersi o deceduti.
Per “togliere dall’oblio e dare voce” ai nostri giovani cittadini che vissero quel periodo terribile di inumani sofferenze, ritengo giusto e opportuno pubblicare le schede dei collepassesi inseriti nel libro di Pati Luceri, che ringrazio di vero cuore per questa sua “missione” di ricerca, verità e testimonianza attiva e militante.
Molti riconosceranno i propri genitori, nonni, zii, parenti, che, giovani soldati mandati al massacro dal fascismo sui vari fronti, dopo l’8 settembre 1943 si schierarono contro il nazifascismo e subirono inenarrabili sofferenze.
La memoria e il ricordo di quei tempi assurdi e terribili ci deve sempre sostenere, soprattutto in questi periodi bui della storia europea e internazionale… perché ciò che è stato non avvenga più!
Scriveva Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Pantaleo Gianfreda
Si è fatta luce..su avvenimenti…che, invece non sono rimasti nell’ ombra….ma che sono stati messi,alla luce del sole…da persone sagge.
Perché la storia, deve farci capire che..queste malefatte NON devono accadere più…non ci può essere una strage…come venne perpetuata anni addietro…non più!!!
Grazie Pantaleo , soprattutto perché l’uomo ha la memoria corta. Vediamo cosa succede oggi.
Grazie anche a Pati Luceri per il lavoro minuzioso che svolge.
Ma devo fare una precisazione :
Mio padre, Vincenzo Costa, non è stato liberato il 9 settembre del 1944, ma è evaso dal campo di concentramento di Buchenwald in Germania il 29 luglio 1944, dopo essere stato catturato il 16 settembre 1943.
Fabio Costa
manca una persona si chiamava Cavalera Giuseppe nato il 03 09 1924 di Pantaleo Cavalera.
Una pagina vergognosa e dolorosa per quella parte del genere umano che ha dovuto subire le conseguenze di scelte scellerate di chi guidava il paese. Collepasso come altri paesi ha subito e pagato con il sacrificio estremo e con il sangue le follie nazi-fasciste. Cose che.non devono mai più succedere finché la ragione ed il dialogo ci contraddistinguono come esseri umani. Chiudiamo questa dolorosa pagina, poniamo un fiore ad un tomba ignota ed una preghiera segnando queste crudeltà scolpendole nel cuore e nei ricordi. Un sacrificio da non dimenticare.
Grazie Pantaleo e ringrazio tanto di cuore anche l’autore di questa importante e dolorosa ricerca.
Io sono vissuta con la presenza silenziosa dello zio Giulio nella casa dove mio padre era riuscito a ritornare dopo essere scappato dalle grinfie
di chi aveva fatto prigioniero e ucciso suo fratello.
Mio padre non parlava della sua tragica esperienza, ora capisco che come tutte le vittime probabilmente si sentiva in colpa per essere sopravvissuto all’orrore.
La memoria è utile se è conoscenza che aiuta ad allontanare e respingere ogni forma di intolleranza verso l’umanità.
Rosalba
soldati e ufficiali salentini…
la differenza , anche in guerra, di chi ha sempre bivaccato