
Zona Caer, 4.340 metri quadri destinati a “servizi pubblici” abbandonati all’incuria e al degrado: la proposta di un “Parco della Pace” dedicato a don Tonino
28 Febbraio 2025Da tempo vengo sollecitato a scrivere e porre all’attenzione di tutti, in particolare dell’Amministrazione, un problema che riguarda un’area di 4.340 metri quadri di proprietà comunale, che, sebbene destinata a “servizi pubblici” per la “zona Caer”, giace nel più assoluto abbandono e degrado.
Nell’area residenziale, conosciuta da tutti come “appartamenti Caer” ed ubicata sulla parte collinare del paese, nella parte interna sinistra sulla salita della strada per Parabita, abitano oggi una quarantina di famiglie.
“Quanto sarebbe bello – dice un residente – se il Comune, che da anni viene inutilmente sollecitato a risanare e riqualificare l’area, decidesse di realizzare un Parco della Pace dedicato a don Tonino Bello!”.
L’idea è molto bella e suggestiva e andrebbe certamente perseguita e realizzata.
Prima, però, di scrivere su quest’area “negletta” ho cercato, come sono solito fare, di documentarmi e capire la situazione, considerato che la complessa “vicenda Caer” affonda le sue origini alla fine degli anni ’80. Dopo lunghe ricerche sono riuscito a “scovare” nel mio archivio la cartella “Caer 1986 e segg.”, contenente esaustiva documentazione amministrativa sulla complessa vicenda.
All’epoca ero consigliere di opposizione ed ho vissuto direttamente la vicenda. Anche “sulla mia pelle”, a causa di alcune circostanze inquietanti e oscure dei cui contorni venni a conoscenza solo a fine anni ’90, provocando in me indignazione e profondo turbamento e la conseguente rottura di antichi rapporti politici e personali.
Va premesso che in quegli anni il Pci e il gruppo consiliare, di cui ero capogruppo, conducevano sin dal 1975 una battaglia per l’individuazione di aree comunali da destinare all’edilizia economica e popolare, al fine di dare la possibilità a cittadini, famiglie e giovani coppie di accedere al “diritto alla casa” a prezzi contenuti. Il contesto politico e le speculazioni edilizie di pochi proprietari e dei “signori dei lotti”, presenti o legati alle Amministrazioni dell’epoca, impedirono, però, che il Comune di Collepasso si dotasse di un P.E.E.P. (Piano di Edilizia Economica e Popolare).
Anche il Pci, pertanto, pur essendo all’opposizione, si dichiarò favorevole all’iniziativa.
Negli anni ’70-‘80, grazie anche alle agevolazioni e ai favorevoli interventi creditizi della Regione Puglia, ci fu anche nella nostra provincia un boom di cooperative edilizie, alcune di notevole dimensione e base societarie.
In questo contesto storico nacque il “Caer – Consorzio Artigiani Edili Riuniti scrl”, una cooperativa edilizia che aveva sede a San Pietro in Lama, un Comune della cintura leccese all’avanguardia negli interventi di edilizia popolare, presieduta dal collepassese Mario Marra, titolare di un’impresa edile.
Verso la fine del 1986 il Caer presentò al Comune di Collepasso un’istanza per “poter realizzare un intervento costruttivo di edilizia agevolata per complessivi 50 alloggi” su una zona di proprietà privata ricadente in “zona C di espansione” estesa “ha 1.60 circa”, allegando la “dichiarazione di diponibilità del proprietario alla cessione dell’area in questione”.
La Giunta Municipale DC-PSI, con delibera n. 703/2.12.1986, considerato che il Comune “non è dotato di piano per l’edilizia economica e popolare”, decide di “localizzare l’intervento residenziale” nell’area proposta e la delibera verrà ratificata dal Consiglio comunale con atto n. 49 del 30 marzo 1987.
A questo punto, però, la vicenda comincia ad assumere significativi connotati politici e provoca diverse reazioni e contestazioni, compresi ricorsi all’Organo di controllo ed esposti alla Magistratura.
L’intervento era, infatti, previsto su un terreno di proprietà del suocero dell’assessore Carlo Marra (Dc), fratello di Mario Marra, che era anche consigliere di opposizione nel gruppo Pci, oltre che presidente del Caer.
Sorvolo su considerazioni storiche e politiche che meriterebbero un’ampia disamina. Alla luce degli eventi accaduti, soprattutto di quelli successivi allora a me ignoti, è certo che l’intera vicenda nocque politicamente al Pci, che conduceva una battaglia ideale, certamente giusta, per l’edilizia economica e popolare senza cogliere la notevole incidenza degli interessi privati che coinvolgeva anche un proprio esponente e consigliere comunale.
L’iter amministrativo della pratica fu poi molto travagliato (e non solo) ed ebbe, oltre ricorsi e lettere anonime che imperversarono, anche un risvolto giudiziario che coinvolse quasi l’intero Consiglio comunale (se ben ricordo, tutto finì poi in una “bolla di sapone”).
Gli atti amministrativi successivi furono molto “sofferti”, talora rivisti e integrati, e riguardarono l’approvazione del Piano di lottizzazione convenzionata, l’assegnazione definitiva dell’area e l’approvazione dello schema di convenzione tra Caer e Comune (delibere C.C. nn. 23/30.5.88; 63/15.7.1989; 158/16.12.1989; 63/20.3.1990).
Sappiamo come andò a finire: prima i problemi e poi il fallimento del Caer, la mobilitazione e le proteste dei soci assegnatari, la nomina del Curatore fallimentare che permise a tanti soci di avere la propria casa, ecc., ecc.
A distanza di tanti anni alcuni problemi sono rimasti tuttora irrisolti e riguardano, in particolare, l’obbligo di realizzare i “servizi pubblici” su quella vasta area di 4.340 metri ceduti dal Caer al Comune.
Il seguente elaborato riassume sinteticamente la portata urbanistica dell’intervento.
Sui 18.780 mq totali dell’area, 10.960 mq erano destinati a lotti edificatori, 2.780 mq per strade e marciapiedi, 700 mq per parcheggi, 4.350 mq per servizi pubblici. Tali aree erano state cedute dal Caer al Comune all’atto della sottoscrizione della convenzione, come previsto dagli artt. 2 e 3, che di seguito si riportano, della stessa convenzione.
Mentre, però, strade e parcheggi dovevano essere realizzate direttamente dal Caer, scomputando tali spese dagli oneri di urbanizzazione da pagare al Comune, i “mq 4.340” relativi ai “servizi pubblici” venivano ceduti gratuitamente al Comune, che, ai sensi della convenzione, si obbligava a realizzare quei servizi, cioè “attrezzature collettive, verde attrezzato per il gioco e lo sport e verde pubblico”.
Servizi che non sono mai stati realizzati e che oggi sarebbe tempo di realizzare, considerato lo stato di abbandono e degrado in cui versa quell’area e altre aree retrostanti l’insediamento edilizio, che crea non pochi problemi ai residenti, che, forse a causa della lontananza dal centro abitato, ritengono di essere stati “dimenticati” dalle Amministrazioni succedutesi in questi anni.
Non solo c’è il dovere amministrativo di realizzare quegli interventi, considerati gli obblighi assunti in tal senso dalla Pubblica Amministrazione con atti pubblici. Penso che oggi ci sia anche un dovere e un obbligo morali di cui sono debitori alcuni attuali amministratori e loro “paladini”, eredi familiari e politici della discussa “vicenda Caer”, al fine di risanare e chiudere definitivamente certe “ferite” che quella vicenda ha provocato nel corpo sociale e politico della nostra comunità.
Ecco perché ritengo molto bella, suggestiva e significativa la proposta di realizzare in quell’area un “Parco della Pace” dedicato a don Tonino Bello.
Oltre che risanare e riqualificare l’area, il Parco valorizzerebbe un luogo tra i più suggestivi e panoramici di Collepasso, ubicato proprio nel “grembo” della Collina Sant’Eleuterio, da cui si domina l’intera vallata comprendente l’abitato del paese e dei Comuni circostanti e, quando una serena tramontana rende più nitide e lunghe le immagini, lo sguardo si proietta oltre l’Adriatico e incrocia le montagne d’Albania.
I residenti di quell’area si augurano, pertanto, che l’Amministrazione comunale presti attenzione ai loro problemi e attuino questa loro bella proposta.
Pantaleo Gianfreda