La straordinaria stagione del rock progressivo italiano nella tesi di laurea di Mino De Matteis (Jason Jeans)
6 Novembre 2015Mi diletta e mi intriga “andar per” tesi di laurea. Ormai da qualche decennio, in tante case, genitori più o meno avanti negli anni conservano gelosamente, a volte bene in vista, il simbolo dei propri sacrifici economici e degli studi del figliolo/a, condensato in due-trecento pagine rivestite di una copertina di tela o finta pelle, con i caratteri incisi color oro.
Presso alcune Amministrazioni Comunali pugliesi di mia conoscenza si è deciso di compiere una ricognizione e successiva raccolta in biblioteca delle tesi di laurea discusse dai propri cittadini. Il tutto, logicamente, su base volontaria. Anche a Collepasso si era pensato di fare altrettanto e l’idea era stata da me presentata al Circolo Culturale “La Meridiana”, che si sciolse di lì a poco, ma si può sempre riprendere l’iniziativa. Pensate che gran bel patrimonio da conservare e di cui la Comunità vada fiera!
Bene, l’estate scorsa mi sono imbattuto in una voluminosa tesi dal titolo “Le poetiche del rock progressivo italiano”, discussa nel 2005 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, corso di laurea in D.A.M.S.-Spettacolo. Il laureando era, tenetevi forte!, Mino De Matteis (in arte Jason Jeans)… e chi se non lui!
Con il benestare dei genitori Luigi e Rita, miei carissimi amici, ho fotocopiato il ponderoso lavoro, entusiasta per l’argomento trattato, che mi riportava ai miei giovanili anni Sessanta/Settanta, intensamente arricchiti da quella musica originale e irripetibile del panorama nazionale.
Ho incontrato Mino sotto le luminarie della festa patronale e si è dichiarato molto lusingato del mio fortissimo interesse per la sua tesi, anche se – ha detto – il fatto non lo sorprendeva poi molto, conoscendo le mie idee.
Mettere insieme la narrazione del rock progressivo italiano, nel periodo fra il Sessantotto e il Settantasette, che non si risolvesse in uno sterminato elenco di nomi di gruppi e titoli di album (pur presente necessariamente in appendice), è stata fatica non semplice, poiché ricavata dall’esame certosino delle riviste musicali diffuse all’epoca, in certi casi divenute rarissime.
Il florilegio di centinaia di complessi, alcuni di breve ma significativa traccia lasciata, è accompagnato dalla descrizione accurata delle tematiche trattate nei principali album incisi, oltre al valore dello stile musicale.
Come non rammentare la fusione di generi e a tema unico nei cosiddetti concept album (ad esempio “Collage” e “Felona e Sorona” delle ORME, “Concerto grosso” e “UT” dei NEW TROLLS)?
E le famose messe beat, in cui molti gruppi si cimentarono, sull’onda lunga giunta dagli USA con lo spettacolare film “Jesus Christ Superstar”, un tentativo di abbinare la contestazione dei “Figli dei fiori” al Gesù più anticonformista, che incontrò anche forti avversioni?
Mino De Matteis traccia le vicende dei vari gruppi musicali nel solco socio-politico in cui alcuni di essi (tipo gli STORMY SIX) operavano, le fasce sociali e il trend politico-partitico che fungevano da committenza: chiaramente di sinistra in generale, l’asse PCI-Feste de l’Unità in particolare.
L’Autore annota sorprendentemente l’esistenza marginale anche di gruppi aderenti all’estrema destra, ma le cui tematiche erano molto vicine ai “colleghi” dell’altra schiera, alienazione giovanile in primis.
Come ogni movimento, anche il rock progressivo italiano, indimenticabile per le sue lunghe suites e i sintetici ma profondi testi, lentamente si dissolse con la stessa gradualità con cui era comparso, verosimilmente nel quadro del riflusso generale in Italia e in Occidente, al sopraggiungere degli anni Ottanta.
L’unico rammarico per quei giovani musicisti e relativi seguaci fu quello di aver conseguito, con poche eccezioni, il successo prevalentemente in patria, a causa della lingua italiana di scarso appeal internazionale.
Ci salutiamo con un abbraccio e Mino così si allontana sotto gli archi dei led multicolori, con la sua surreale figura beat, coerente, come in una macchina del tempo.
Giuseppe Lagna
Conduttore di Radio Collepasso International, Radio Libera, 1977
Un saluto e complimenti a MINO peccato non porterla leggere, ma a proposito di letture sul PROG ITALIANO segnalo questo libro da poco uscito e appena letto
TERZO GRADO INDAGINE SUL POP PROGRESSIVO ITALIANO di ALESSIO MARINO edizioni Tsunami che allega oltre un librone davvero enorme anche un 45 giri con un disco introvabile, Lydia e gli hellua xenium! Davvero una sana lettura sul beat e prog italiano! Auguri per la laurea
Buongiorno! Sarebbe possibile consultare questa tesi di laurea? Complimenti!
Luigi
Brividi. Mi ha insegnato Mino ad amare quella musica. E non lo ringraziero’ mai abbastanza per questo. L’unico periodo storico recente in cui l’arte musicale italiana non ha avuto nulla da invidiare a quella britannica o americana. Sono integralista in quanto a gusti musicali. E mi fanno vomitare i vari gigi d’alessio e laura pausini. Ma anche tutti i finti talent show dell’era contemporanea. Musicisti di livello assoluto, poeti, virtuosi di ogni strumento, si sono confrontati nel rock progressivo. Un mix di generi e sentimenti e pulsioni sociali sfociati in vere e proprie opere d’arte che la nostra societa’ italiana e’ troppo ignorante (musicalmente parlando) per poter apprezzare. Ancora vado a caccia di questi gruppi. Premiata, Orme, Banco, fortunatamente suonano ancora, in modo quasi clandestino, perche’ i grandi palchi sono riservati ai musicisti di plastica ridipinti di di stile rock (alla negramaro maniera). Ma il rock e’ un’altra cosa. Comunque, non credo che ci possa essere altra colonna sonora, se non quella di fedez, per il decadentismo culturale di questi anni. Ho visto Ian Anderson suonare con la PFM e appassionati di ogni continente citarmi Le Orme subito dopo Leonardo Da Vinci non appena sanno che sono italiano. Caro Maestro Giuseppe e caro Mino: “Qui per sognare ci tocca dormire. O come sempre suonare suonare”.