A 10 anni dalla “grande vergogna”: le responsabilità di un’opposizione eversiva e di un sindaco imbelle

22 Aprile 2017 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Una doverosa premessa: l’articolo è necessariamente un po’ lungo, ma vi consiglio di leggerlo tutto.

La complessa “vicenda Italgest” di dieci anni fa, che oggi qualcuno vorrebbe “rimuovere” dalla memoria collettiva, meriterebbe, per la verità, un libro più che un articolo (… ma non si sa mai… dopo il primo che sto per pubblicare, può darsi che, se Dio mi conserva in salute, uno dei prossimi sarà dedicato proprio a questa vicenda).

Dieci anni fa, nell’anno centenario della sua Autonomia amministrativa, Collepasso ha vissuto uno degli eventi più drammatici e significativi della sua breve storia comunale.

Per tre giorni, dal 21 al 23 aprile 2007, la comunità e la piazza furono tenute “sotto scacco” da un gruppo di politicanti reazionari ed eversivi, che riuscirono a creare una vera e propria ordalìa e condizionare con le loro menzogne centinaia e centinaia di cittadini per impedire l’installazione a Collepasso di un impianto di produzione di energia “pulita”, riveniente da fonti rinnovabili agro-energetiche.

Doverosa oggi, a dieci anni da quell’evento, una riflessione su vicende che impedirono alla comunità di cogliere un’importante opportunità, nell’ambito delle politiche energetiche nazionali e regionali raccomandate dal Trattato di Kyoto per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili (petrolio e carbone), fonti di gravi danni per la salute e  l’ambiente (v. Ilva e Cerano).

Invece di valutare i vantaggi di un investimento importante ed ecocompatibile, i populisti e gli pseudoambientalisti locali e la destra sociale e politica preferirono provocare un’indegna gazzarra, improvvisarsi poco credibili ambientalisti e vestire i panni dei profeti di sventure, alimentando una colossale campagna di mistificazione, menzogne, paure. Eppure, scienziati, tecnici, Università, enti pubblici e qualificati esperti avevano certificato e garantito, in ripetuti e affollati incontri pubblici, che quell’impianto, proposto dalla Italgest di Casarano nell’ambito di un più generale “Polo integrato di energie rinnovabili”, non era nocivo per la salute e l’ambiente.

Mi sembra ancora attuale un mio intervento del maggio 2007 “La grande menzogna. La grande vergogna”, pubblicato sul n. 3/maggio 2007 del giornale “inform@zione locale” (a fine articolo riporto “per memoria storica” e lettura copia di quel numero, quasi tutto dedicato alla “vicenda Italgest”).

Così scrivevo:

Quello che è successo il 21-22-23 aprile è una delle pagine più tristi e vergognose della storia del nostro Comune, che proprio quest’anno compie i suoi primi 100 anni di autonomia.

La “vicenda Italgest” ha dimostrato quanto forti siano ancora le forze che si oppongono ad un cambiamento. Con i loro gesti clamorosi, il loro oscurantismo e “primitivismo”, le innaturali e trasversali “ammucchiate”, la violenza verbale, i terrorismi, le menzogne, le sceneggiate invereconde, il disprezzo della legge e dell’ordine, le offese verso le istituzioni, i protagonisti dei “tre giorni” hanno dimostrato a quali infimi livelli sono disposti a scendere pur di riconquistare il potere perduto un anno fa, con le elezioni del maggio 2006.…

Hanno ottenuto il blocco dell’insediamento dell’impianto Italgest. Hanno privato Collepasso di un’importantissima occasione di sviluppo, di un’irripetibile “occasione d’oro”, che avrebbe portato oltre 500mila euro all’anno per 12 anni nelle casse comunali. Per migliorare la qualità della vita del nostro paese. Per realizzare importanti opere. Per sostenere le categorie più deboli. Per ridurre le tasse. Per fare tante belle cose per tutti. Era ciò che “i rivoluzionari e i reazionari” del 21-22-23 aprile non volevano. Non volevano che l’Amministrazione si rafforzasse. Temevano di essere spazzati via definitivamente. Insieme alle loro impudicizie e spudoratezze, alle loro sterili polemiche, alle loro menzogne. Erano terrorizzati e hanno diffuso terrorismo. Avevano paura e hanno diffuso paure. Erano allarmati e hanno diffuso allarmismi. Erano bugiardi e hanno diffuso bugie. Erano nell’oscurità e hanno diffuso oscurantismo.

Hanno seminato una grande menzogna. Hanno coperto Collepasso di grande vergogna. Per inseguire le loro fobie, odii, isterismi, personalismi, risentimenti, scellerati calcoli politici, psicosi. La loro irrazionalità.

Stampa e televisioni hanno espresso giudizi durissimi… “una disfatta per tutto il territorio”; “atteggiamento tipico dei paesi sottosviluppati”; “scomposta la reazione e la preoccupazione della gente di Collepasso”, ecc. Persino un esponente provinciale di Forza Italia ha denunciato “le influenze borboniche che tengono schiava la nostra terra e gli atteggiamenti come quello dei cittadini di Collepasso che bloccano lo sviluppo del territorio”. Per una grande menzogna, Collepasso è stata coperta di grande vergogna!”.

Oggi, aggiungendo alcune ulteriori e doverose riflessioni, appare con più chiarezza che quanto accadde non fu solo l’iniziativa personale di un personaggio con scarso seguito popolare (oggi, a dieci anni di distanza, il suo ruolo appare persino insignificante). Era, piuttosto, un’iniziativa “politica” più vasta, preparata e coltivata da tempo da un fronte trasversale e vasto, accomunato da un’avversione profonda verso l’Amministrazione di centrosinistra, che voleva cambiare profondamente il paese (almeno per quanto riguarda me ed altri), e riprendersi la rivincita prima che fosse troppo tardi. Un’Amministrazione avvertita da costoro come “abusiva”, un “corpo estraneo” del tessuto sociale e politico di una comunità in gran parte succube dell’ultradecennale egemonia delle varie destre, spesso tra loro “in guerra”, che, sin dall’autonomia e per quasi tutto il ‘900, aveva “spadroneggiato” e dominato Collepasso, seppur con sigle diverse.

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L’”acqua di coltura” in cui nacque e prosperò l’iniziativa eversiva del 21-23 aprile era quella “cultura” politica che affondava le sue radici nelle vicende politiche e nelle violenze sociali delle due destre antagoniste di Carlo Viva e Luigi Costa dell’immediato post Autonomia, irrobustitesi nel ventennio fascista e poi “travasatesi” in gran parte nella D.C. nel 50ennale predominio post bellico. Con un “volo pindarico” nell’oggi, si può dire che le ultime elezioni amministrative, in continuità con le vicende di un secolo fa, hanno riproposto pari pari, pur con le dovute differenze storiche, l’egemonia delle due destre antagoniste ed “in guerra” tra di loro (una in maggioranza, l’altra all’opposizione), con una sinistra insignificante e ridotta al ruolo di “lumicino” testimoniale (una circostanza, quest’ultima, non casuale, dovuta essenzialmente alla sconfitta dell’amministrazione di centrosinistra in quei giorni dell’aprile 2007).

Partendo da quest’analisi e mentre la “vicenda Italgest” stava degenerando, avevo posto al sindaco Vito Perrone (rivestivo allora la carica di vicesindaco e avevo proposto l’iniziativa, nella mia qualità di assessore allo Sviluppo economico) la necessità, esaurita la lunga fase del confronto pubblico sulla centrale, di “gesti” politici ed amministrativi forti e significativi prima che forze reazionarie e irrazionali prevaricassero, come poi avvenne, in maniera irreversibile. Mi accorgevo che, di fronte ai tentennamenti e alle indecisioni del sindaco, tali forze guadagnavano sempre più terreno tra i cittadini allarmati dalla “fabbrica dei tumori”.

Così era presentato l’impianto dal terrorismo propagandistico di politici felloni, arrivando ad “intossicare” e condizionare persone per bene e in buona fede. A mio parere, una volta acquisiti tutti i pareri positivi di Università, scienziati, enti ed ottenute le richieste garanzie, avevamo il dovere di assumerci le nostre responsabilità e perseguire con fermezza la realizzazione dell’importante investimento senza farci intimidire da minacce e manifestazioni di piazza. Al contempo, appariva evidente che la situazione stava sfuggendo di mano per le esitazioni di un sindaco “stretto tra più fuochi” e incapace di assumere una ferma decisione nell’interesse della collettività (soprattutto dei giovani disoccupati), nemmeno quando si manifestò un clamoroso e pericoloso “campanello d’allarme”, che rischiava di “assordare” e sbandare completamente l’opinione pubblica.

Il 26 marzo, infatti, i cinque medici di base avevano sottoscritto e diffuso un ambiguo “documento”, che di fatto “sposava” le irrazionali paure diffuse. Già dall’incipit appariva la sua strumentalità: “Premesso che trattasi di un impianto di produzione di energia meno inquinante di altri tuttora in funzione, ma non “NON  INQUINANTE” in assoluto…”. In esso i medici denunciavano, con qualche decennio di ritardo, un “significativo e preoccupante incremento di neoplasie” nel nostro paese… aggiungendo che di alcune era “responsabile l’elettrosmog provocato da antenne e ripetitori” e che altre “sono forse dovute a diserbanti e pesticidi, largamente e talora dissennatamente, impiegati in agricoltura”, ammonendo come non fosse “ammissibile alcun ulteriore aumento di inquinamento pur minimo, fosse anche dello 0,1 per cento in più”.

Di fronte a tale improvvisa resipiscenza e per dimostrare di “prendere sul serio” i medici, proposi al sindaco di dare una risposta seria e forte e, alla luce delle tardive denunce mediche, di emanare subito un’ordinanza per vietare a Collepasso la vendita e l’uso di diserbanti, pesticidi e fitofarmaci, la vendita di sigarette, il transito di camion, trattori e auto a gasolio, vietare l’uso di impianti a nocciolino, ecc. ecc.… tutte attività riconosciute inquinanti e pericolose per la salute!

Occorreva, a mio parere, un’iniziativa immediata, una risposta coraggiosa e clamorosa, tale da far discutere stampa e televisioni provinciali e nazionali, far uscire il dibattito dagli angusti confini campanilistici e dai condizionamenti populisti e irrazionali, aprire un confronto serio sul problema. In un primo momento il sindaco appariva convinto dell’iniziativa, ma poi cominciò, come al solito, a tentennare (alcuni medici erano suoi clienti…). Capì che non avrebbe mai avuto il coraggio di fare un’iniziativa così clamorosa, necessaria per frenare la vandèa montante. Gli proposi, allora, di prendersi dieci giorni di ferie. Come vicesindaco avrei avuto, in sua assenza, tutti i poteri del sindaco e mi sarei assunto io la responsabilità di firmare la clamorosa ordinanza … ma rimase a Collepasso… e gli eventi precipitarono!

Seguirono il “digiuno” del noto farmacista, l’occupazione dei “tre giorni” e l’adesione strumentale di politici provinciali e regionali della destra.

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Il sindaco “si impallò”. Sembrava non rendersi conto del suo ruolo e dei suoi poteri. Era “bloccato” dalla paura e da insensate formalità, senza essere capace di una reazione all’altezza della situazione e di un sussulto di dignità. Di fatto fu “commissariato” dalla Prefettura e dalle Forze di Polizia, che si limitarono a controllare una piazza ormai eccitata ed in fermento, onde evitare clamorosi disordini e scontri. Aspettava solo “ordini dall’alto” in maniera passiva, che altre autorità esterne gli dicessero cosa fare, senza la capacità di una sua autonoma iniziativa e di un suo doveroso ruolo attivo. Nemmeno il liquame putrebondo che fuoriusciva da certe bocche/cloache in pubblica piazza riuscì a smuovere il sindaco dalla “narcosi” in cui era piombato.

Confesso la mia forte rabbia e la delusione di quei giorni… non tanto per quei quattro “politicanti” che avevano provocato quel putiferio e che si potevano subito “spazzare via” con decisioni ferme e coraggiose (l’anno dopo, mentre Vito era a Neviano, alla processione della Madonna della Neve, assumendo in sua assenza le funzioni di sindaco f.f., dimostrai concretamente “come si fa” a “spazzare via” gli stessi soggetti che avevano di nuovo occupato abusivamente lo spazio antistante il Municipio!) … ma soprattutto per quell’incredibile e imbelle comportamento del sindaco! Questi, novello don Abbondio, non aveva avuto il coraggio (… scrive il Manzoni: “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”) di assumersi le sue responsabilità contro i don Rodrigo locali che, prima di quei giorni, sembravano avviarsi al tramonto… anzi, li risuscitò! Mi sembrò assurdo, notando i suoi comportamenti reali, che l’unica cosa che gli stava veramente a cuore era la sua “poltrona” di sindaco.

Rimasi sconcertato (ho ancora la devastante immagine impressa nei miei occhi) quando, finita l’occupazione dopo l’annuncio dell’Italgest di rinunciare alla centrale, lui e l’ex digiunante “Conte zio”, suo antico mallevadore e “precettore”, si abbracciarono “commossi” (l’uno sadicamente per la “vittoria”, l’altro masochisticamente per la “sconfitta”) nell’atrio del Municipio. Ancor più sconcerto procurò a me e a Francesco Ria (ma anche ad altri) la sua idea di ridare le deleghe assessorili alla figlia del “Conte zio” (capì allora che il tormentato e “freudiano” rapporto tra i due prevaricava la politica ed affondava le radici nei meandri della “psiche”). Io e Francesco avevamo deciso di dimetterci da assessori e abbandonare al suo destino un sindaco che si era arreso senza colpo ferire a prevaricazioni e violenze. Poi decidemmo di rimanere, nell’illusione di continuare nell’opera del cambiamento (… ma ormai “la frittata era fatta”!). Per quanto mi riguarda, avevo già quasi concluso la certosina organizzazione del Centenario dell’Autonomia, coinvolto decine e decine di persone forestiere e, obtorto collo, mi sembrava poco serio abbandonare ad un mese dalle prime iniziative già in programma. Continuai doverosamente nella mia attività amministrativa, ad appoggiare e difendere un sindaco che non si era dimostrato all’altezza della difficile situazione e che non meritava certamente il mio sostegno né la mia lealtà.

Fui, comunque, facile profeta quando, lo stesso giorno della conclusione delle “tre giornate”, dissi a Vito che dopo quei fatti avremmo sicuramente perso le successive elezioni amministrative. In quelle giornate, infatti, il sindaco (e, agli occhi della gente, l’intera Amministrazione di centrosinistra) aveva dimostrato di essere succube dell’opposizione e del populismo dilagante, incapace di portare a termine un importante progetto per Collepasso. Cercammo disperatamente negli anni seguenti (soprattutto con l’impegno mio e di Tonino) di recuperare. Forse ci stavamo anche riuscendo… ma poi il “tradimento” dello stesso Tonino ed altri portò alla prevista sconfitta (ma anche in queste vicende, comprese le ultime dello scorso anno, non è difficile scorgere le “scorie” di quella grave sconfitta, vera “madre” di tutte le sconfitte successive del centrosinistra).

Ho avuto modo in più occasioni, di fronte a ricorrenti errori politici di Vito Perrone (raramente ha ascoltato i miei consigli), di dirgli amichevolmente che lui, avendo buone qualità amministrative (grazie anche alla professione svolta), sarebbe stato un buon sindaco per Collepasso in una “situazione ordinaria”, ma che si era dimostrato (e si dimostrava) un pessimo sindaco e un pessimo politico nella situazione straordinaria che viveva Collepasso (non solo per la “vicenda Italgest”). Con i suoi tatticismi, le piccole furbizie, le palesi ambiguità e le ripetute slealtà (non solo nei miei confronti), riuscì, è vero (grazie alla mia lealtà), a concludere il quinquennio amministrativo, ma, all’”arrivo in porto” (le elezioni del 2011) non seppe evitare la tempesta in agguato e portò il suo schieramento ad infrangersi sugli scogli e sulle “trappole” che lui stesso aveva pensato di costruire a sua difesa.

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Voglio aggiungere un altro particolare. In occasione del Centenario era mia intenzione (condivisa dal sindaco) di far lasciare alla nostra Amministrazione un “segno” importante per il paese. Da mesi lavoravo alla realizzazione di un ambizioso progetto (di natura commerciale) che avrebbe dato lavoro a tanti giovani e disoccupati. Ero supportato da un qualificato tecnico e avevo persino ottenuto un impegno finanziario di massima dalla Regione. Rinunciammo a quel progetto quando ci fu proposta l’installazione dell’impianto di energia pulita. Per me, ma anche per Vito e la maggioranza, l’occasione della centrale elettrica da fonti pulite era un vero “colpo di fortuna”, considerato che le energie rinnovabili erano diventate uno degli elementi strategici dello sviluppo regionale.

Poi tutto è andato come tutti sanno… e il “segno” non l’abbiamo lasciato noi, ma altri. Un “segno” di vergogna per quanto successe in quei giorni a Collepasso, defraudata di un buon investimento.

Ad alcuni sfuggono ancora oggi le conseguenze nefaste di quei giorni. Non “abortì” solo l’investimento a Collepasso, ma, successivamente, l’intero e ambizioso progetto di “Polo integrato di energie rinnovabili” dell’Italgest, che poi fallì, costringendo un illuminato e giovane imprenditore locale come Paride De Masi a trasferire le sue attività all’estero, dove ha avuto maggiore fortuna. Cosa ancor più grave, la destra collepassese e l’inerzia del sindaco (pur da fronti diversi) contribuirono a far fallire l’idea stessa che le energie rinnovabili potessero rappresentare per il Salento un fattore di sviluppo e un settore strategico alternativo alla crisi del manifatturiero, ormai “in coma profondo”. Certo, la centrale non sarebbe stata la panacea di tutti i mali, ma poteva essere l’inizio di una nuova filiera collegata ad altri settori produttivi (in particolare, l’agricoltura). Oltretutto, l’impianto avrebbe attivato un indotto interessante ed era stato concepito, anche architettonicamente, per essere un’attrattiva per scuole e nuovi investitori e per moltiplicare, per la nota legge dell’”effetto-imitazione”, numerosi piccoli interventi nel settore e nell’indotto.

Cosa rimane oggi?!? Un “pugno di mosche”. Un paese che non ha alternative né ne ha create di nuove. Un paese senza prospettive, abbandonato a se stesso, che si spopola. Giovani e intere famiglie che vanno via.

Amaramente e realisticamente (un semplice “fatto storico”, senza offesa per nessuno!) occorre constatare che una “miscela esplosiva” di tre mediocri politici ha impedito che Collepasso imboccasse – o almeno tentasse di farlo (non è detto che tutto sarebbe stato “rose e fiori”) – la strada dello sviluppo. Tre “mediocri politici” assurti tutti (guarda caso!) – chi prima, chi dopo – alla carica di sindaco in quest’ultimo ventennio.

Che dire dell’ambiguità di Paolo Menozzi?!? Nel gennaio 2007 lo coinvolsi subito sul progetto, in qualità di capogruppo del maggior gruppo di opposizione. Lo invitai in Comune, gli feci esaminare il progetto e le sue finalità e si dichiarò d’accordo, salvo poi accodarsi subito alla protesta contro l’impianto Italgest (mi piacerebbe raccontare anche dell’allora consigliere regionale Rocco Palese…) e alla fine della protesta definirlo poi… “progetto di grande portata”!!! In una dichiarazione pubblica disse: “Italgest ha deciso di ritirare il progetto captando anticipatamente che con tali amministratori non poteva portare a termine un progetto di così grande portata”. Al danno la beffa! Sono convinto che oggi, da sindaco, “si morde le mani” per la sua miopia, la mancata realizzazione dell’opera e, soprattutto, il mancato introito di 500mila euro annui di royalties nelle casse comunali.

Sorvolo sulla spregiudicatezza senza limiti e il masaniellismo eversivo di Salvatore Perrone, disposto a tutto pur di riconquistare il potere perduto.

Ma chi, più di tutti (per il suo ruolo e le sue funzioni), sancì il fallimento di quell’iniziativa fu proprio l’imbelle sindaco Vito Perrone, che determinò poi la sconfitta e il fallimento dell’esperienza di governo del centrosinistra a Collepasso nelle elezioni del 2011 e anche in quelle del 2016.

Tre mediocri politici che hanno determinato una sconfitta per l’intera Collepasso, ma si sono assicurate, pur con ruoli diversi e altalenanti nel tempo, la sopravvivenza delle loro piccole e meschine “carriere” politiche.

A dieci anni di distanza e con il distacco che il tempo assicura, nonostante il permanere di “cicatrici” ancora evidenti, è giusto che i cittadini conoscano e riflettano a 360° su vicende che hanno segnato la recente storia del nostro paese (anche se tanto andrebbe ancora detto), nella speranza che dagli errori del passato si impari per il futuro. … ma la storia sarà mai “maestra di vita” per questa nostra sfortunata comunità?!?

Pantaleo Gianfreda

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“inform@zione locale” maggio 2007


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Pantaleo Gianfreda