Il partito dell’amore sulla via del divorzio.

24 Aprile 2010 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Alcune riflessioni sullo scontro Fini-Berlusconi di Giuseppe Giacovazzo su "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 24 aprile 2010

«Spettacolo indecoroso» dice Bersani. Ma no, semplicemente inedito. Dal 1945 ad oggi non avevamo mai conosciuto un partito come il Pdl, guidato da un leader venuto da un mondo che non è quello della politica, e tanto meno dei partiti. Un personaggio estroverso sceso in campo alla testa di un movimento confezionato mediaticamente con i propri mezzi, in poche settimane, che si poneva apertamente in alternativa secca al sistema partitocratico lesionato da tangentopoli. La concezione stessa del partito, fondamento democratico del nostro sistema costituzionale, è in antitesi alla concezione del partito carismatico plebiscitario del Cavaliere. Il confronto lacerante tra lui e Fini non appartiene alla storia dei partiti italiani. Abbiamo conosciuto congressi accesi nel confronto dialettico tra correnti che invece il Cavaliere condanna come metastasi. Ma erano molto più miti dello spettacolo plateale offerto dal Pdl. L’equivoco da cui promana lo scontro interno al Pdl è nel suo stesso atto di fondazione, senza precedenti nella nostra esperienza politica. Nasce come partito del predellino. E aver eletto Fini a cofondatore era semplicemente un falso. Fini non ha cofondato niente. Ha solo ratificato la cosa coniata da Berlusconi. Colto in contropiede, si è soltanto accodato. Il suo discorso, di fronte a una platea contro, è stato un intervento da oppositore interno di un partito tradizionale che non è il Pdl, creato a misura di un leader solo al comando, che coltiva il disegno di riformare in senso autoritario la repubblica, in sintonia con la forma partito che si è dato. Fini è stato bravo nel confronto, ma sconta fatalmente il peccato originale di un partito al quale pretende di applicare criteri e regole del tutto estranei al suo dna, che rimane quello del predellino, fortunoso gradino che vale a salire ma anche a scendere da una macchina in moto.

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L’abbandono del grosso dei seguaci di An è dovuto alla circostanza per cui Fini è andato molto più avanti di loro dopo la svolta del congresso di Fiuggi. L’evoluzione di An non era ancora compiutamente matura quando è scoccata improvvisa l’ora della fusione nel Pdl. Così quelli sono rimasti facilmente soggiogati da un leader più simile al vecchio modello postfascista che non al rinnovatore della destra nazionale in armonia con Pinuccio Tatarella.

Fini s’illude di poter interpretare un ruolo di minoranza resistente compatibile in una forma partito da prima repubblica. Invece quel ruolo è inaccettabile per una larghissima maggioranza devota a Silvio che per fortuna c’è. Il presidente della Camera esprime un mix in cui la razionalità prevale sulla passione. Berlusconi incarna con veemenza a volte rissosa una passionalità dominante su ogni ragione tranne quella della supremazia personale senza ombra di rivali.

L’unica forza che può condizionarlo è la Lega di Bossi. Il vignettista Giannelli del Corriere della Sera lo disegna a guisa di un cagnaccio al guinzaglio del premier. Ma chi è il padrone del guinzaglio? Qui Fini appunta la sua vis polemica. Per lui il guinzaglio ce l’ha saldamente il cane. È Bossi che comanda, negatore di ogni spirito nazionale, nemico del tricolore, astuto e scettico verso le odiate celebrazioni dei 150 anni di vita unitaria.

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A lui si ricollega il berlusconismo padaneggiante che pure c’è al Nord. Come quello strisciante del ministro Gelmini che proprio in questi giorni ha varato alla chetichella una legge mostruosa sugli insegnanti regionali ammettendo in graduatoria soltanto quelli che risiedono in quel determinato territorio. Legge contro l’uguaglianza dei diritti civili, contro la meritocrazia decantata a parole, contro la Costituzione. Legge per la disunità d’Italia, per il disprezzo di tutto quanto suona Italia, dall’inno di Mameli alla Nazionale azzurra di calcio. Siamo alla mercé dei Balotelli della politica, felici di veder avviato il partito dell’amore sulla via ormai segnata del divorzio.


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24 Aprile 2010 0 Di Pantaleo Gianfreda
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