I Kennedy

26 Agosto 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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I Kennedy

il_fatto4E’ morto Edward, l’ultimo dei fratelli Kennedy. Per 47 anni senatore degli Stati Uniti. Un leone. Anzi, “Il Leone”. Sulla breccia sino all’ultimo. Nonostante il cancro. Lucido sino alla fine. In prima linea, durante le primarie democratiche dello scorso anno, a passare il testimone di una “nuova America” a Barack Obama. Il carisma che la famiglia Kennedy irradiava le valsero l'appellativo di "famiglia di Camelot". Sulla mia generazione, quella che, negli anni, è diventata progressista, l’influenza dei Kennedy è stata determinante.

Non dimenticherò mai quel 22 novembre 1963. Il giorno dell’assassinio del presidente John Kennedy. Avevo 12 anni. Ero in seminario. Giocavamo, nell’ora di ricreazione serale, a biliardino. Qualcuno ci annunciò la morte di Kennedy. Gli avevano sparato, a Dallas. Rimasi impietrito. Per me, allora, Kennedy era, soprattutto, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti. Mi affascinava, però, la sua gioventù, il suo piglio, il suo messaggio, il suo carisma.

C’è una intera generazione di giovani (ora non più) italiani (e non solo), che, prima di essere o diventare comunista o socialista o della sinistra cattolico-democratica o addirittura extraparlamentare, era, prima di tutto, kennedyana. Una generazione che ha vissuto le grandi battaglie di libertà e di democrazia nel mondo, alla fine degli anni ’60 e agli inizi degli anni ’70, ispirata, prima di altri, dal mito kennedyano. Dall’idea di una “Nuova Frontiera”.

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In uno dei famosi discorsi della Nuova Frontiera, John Kennedy chiese alle nazioni del mondo di unirsi nella lotta contro ciò che chiamò “i comuni nemici dell'umanità… la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra”.

Durante le primarie, che lo incoronarono candidato democratico alla presidenza, volle accanto a sé la moglie di Martin Luther King, allora imprigionato per le sue attività antirazziali, per significare la sua volontà di una società americana senza odi e barriere razziali. Un azzardo per la società americana di allora. Un atto di coraggio.

Mille volte ho riflettuto e rifletto sul suo messaggio, dal forte contenuto etico e civico, che lanciò nel discorso inaugurale, all’atto del suo insediamento, il 20 gennaio 1961… “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”. E' stato, per tanti, quel messaggio, la bussola del nostro impegno politico e sociale.

E’ celebre il discorso che tenne a Berlino Ovest, il 26 giugno 1963, contro la costruzione del Muro di Berlino, di fronte a migliaia di tedeschi. Famosa la frase gridata in tedesco: “Ich bin ein Berliner” ("Anche io sono un berlinese"), che fu salutata dai presenti con una grande ovazione. Una sfida alle divisioni.

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Nel 1968 fu ucciso Robert Kennedy, già ministro della Giustizia con il fratello, candidato alle primarie democratiche per la presidenza degli Stati Uniti. Alcuni storici sostengono che Bob, sebbene dotato di un carisma inferiore rispetto al fratello, fosse l’“ideologo”, il vero “cervello politico” della famiglia. Il più aperto e progressista. Con il suo assassinio, la famiglia Kennedy entrò nella leggenda e nell’immaginario collettivo di “famiglia di Camelot”.

Ted era l’ultimo, il più giovane, il più “discolo”. Diventò “saggio” a tarda età, quando capì, dopo le sue travagliate vicende personali e tutte le successive disgrazie che colpirono la famiglia, che lui era, prima che un individuo, l’erede di un “simbolo” e di un mito: quelli dei Kennedy. Lo è stato sino alla fine. E’ diventato il “patriarca” della famiglia, del partito democratico, dell’America.

E’ indubbio che Barack Obama, la grande novità e il grande innovatore dell’America e del mondo in questi primi anni del Terzo Millennio, l'erede politico dei Kennedy, deve la sua elezione al grande fiuto e all’appoggio di Edward e dell’intera famiglia.

Anche per questo siamo grati a Ted, “Il Grande Leone”. Riposi in pace! 


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Pantaleo Gianfreda