Papa Francesco e la comunità ecclesiale: 7 domande a don Antonio Tondi

Papa Francesco e la comunità ecclesiale: 7 domande a don Antonio Tondi

16 Aprile 2021 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Dopo suor Consilia e don Antonio Russo, è ora il giovane parroco della Chiesa “Cristo Re”, don Antonio Tondi, a rispondere alle domande sulla figura e le iniziative di Papa Francesco.

Don Antonio, 32 anni ad agosto (è nato il 5 agosto 1989), si è insediato nella Parrocchia in una data emblematica, il 4 ottobre 2020, Festa di San Francesco, il “Poverello d’Assisi” che nel buio periodo medievale contribuì, con il suo esempio e la sua predicazione, a riformare la Chiesa (“Francesco va’ e ripara la mia chiesa…”, fu la “voce” che udì per tre volte mentre fissava un crocifisso bizantino nella chiesetta di San Damiano). Come oggi, nei “tempi nuovi” del Terzo Millennio, cerca di fare Papa Francesco, che non a caso ha voluto assumere quell’impegnativo nome. Come, nel suo piccolo e nei “tempi nuovi” che Francesco indica alla Chiesa, cerca di fare questo giovane ed attivo sacerdote, “donato” alla comunità ecclesiale di Collepasso nel “segno” di una “nuova primavera”.

Ringrazio sentitamente don Antonio Tondi per il suo significativo contributo. (p. gianfreda)

L’abbraccio di don Antonio a Papa Francesco (Roma, maggio 2013)

D. “Il nome di Dio è Misericordia”, ha detto e scritto Papa Francesco nell’indire il Giubileo della Misericordia (novembre 2015-novembre 2016). Se tu dovessi dare un nome, come definiresti Dio e perché?

R. Dice bene Papa Francesco! A me piace comunque definire Dio come l’Onni-amante, Colui che ama sempre, in tutto ciò che fa e compie. Sta sempre accanto ad ogni uomo, non lo abbandona perché lo ama infinitamente. La sua è la potenza di un amante, di una madre accanto al figlio malato, lì, cuore a cuore, forza, sicurezza, presenza che mai abbandona. È qui l’essenza del nostro Dio Onni-amante.

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D. Istituzione e Carisma (da “cháris”, “grazia”), la prima identificata nella figura di Pietro, la seconda di Giovanni e Maria: cosa rappresentano per te le due dimensioni nella Chiesa e nella società odierne? La Chiesa ha bisogno di essere più istituzionale (Autorità/Governo/Pragmatismo) o più carismatica (Profezia/Grazia/Misericordia/Idealismo)?

R. Il governo e la profezia sono due fari che illuminano la Chiesa e la storia. Necessari entrambi! Non possiamo pensare ad una Chiesa o a qualunque azione pastorale e sociale che escluda una delle due prospettive. Quando poi la profezia “governa” in quel momento si può percepire una nuova stagione, quella che mi piace definire la primavera ecclesiale.

D. Qualcuno ha scritto che Papa Francesco riesce a far coesistere in sé la dimensione istituzionale e quella carismatica: Papa/Istituzione, Francesco/Carisma. Sei d’accordo? È evidente, però, che nei suoi messaggi e azioni prevalga il “carisma”, che è il “dono/compito della profezia”, e viene contrastato, talora duramente, da gerarchie e fedeli, che vorrebbero un Papa più attento al “dono/compito del governo”. Tu da che parte stai?

Francesco e Antonio

R. Il Papa è un profeta nelle parole e ancor di più nei gesti. Come sempre, però, i profeti non sono da tutti accettati (si veda cosa hanno fatto a Gesù). Credo che il Papa in questi anni stia realizzando quello che ho precedentemente detto: una primavera spirituale. Ed è probabile che i frutti di questa nuova stagione li vedremo nei prossimi anni quando i cristiani si potranno definire “gente di primavera”.

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D. Nel recente viaggio in Iraq, Papa Francesco ha rilanciato il dialogo interreligioso, incontrato l’ayatollah Ali Sistani e, nella Piana di Ur, terra di Abramo “padre di molte genti”, cui si richiamano le tre grandi religioni monoteiste, ha stretto, nel nome del “Padre che unisce ebrei, cristiani e musulmani”, un Patto contro guerre, armi, intolleranza, per la pace e il dialogo tra i popoli e le religioni. Cosa pensi di queste ed altre analoghe iniziative di Francesco?

R. Vedere, fermarsi, toccare. Con questi tre verbi credo si possa riassumere questa visita in Iraq e tutte le visite apostoliche compiute dal Papa. Vedere con i propri occhi le situazioni di difficoltà che vive un popolo. Fermarsi e portare anche solo per poche ore un messaggio di speranza e di futuro. Toccare i cuori e aprire orizzonti di rinnovamento, collaborazione e comunione.

D. Papa Francesco sta attuando una vera e propria rivoluzione nella Chiesa, che in nome delle “Beatitudini” vuole sempre più attenta agli ultimi, ai poveri, agli oppressi: nella tua vita e nella comunità parrocchiale lascia indifferente questo cambiamento o sta contribuendo a cambiare te e la comunità?

R. Il paradosso delle beatitudini non può lasciare inascoltato il grido dei tanti bisogni di oggi. I nuovi poveri, “quelli da Covid-19”, i padri e le madri di famiglia senza lavoro da mesi, non possono lasciarci indifferenti. La comunità cristiana che gioisco nel presiedere sta dimostrando una grande volontà nel farsi accanto alle necessità dei più bisognosi. Un segno profetico in questo tempo difficile. Permettimi di dire il mio personale grazie a tutti coloro che in vario modo si stanno spendendo per rendere la nostra città più vicina a tutti, poveri di ieri e di oggi.

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D. La pandemia da covid-19 sta modificando inevitabilmente abitudini e riti della vita sociale e della stessa vita religiosa. Cosa deve fare la Chiesa – e, nello specifico, la comunità parrocchiale – per recuperare spazio, tempo, persone e ruolo?

R. Abbiamo bisogno di socialità. Ne hanno bisogno i nostri bambini, i giovani, le famiglie. Anche gli anziani, sempre più isolati e soli, con figli e nipoti che non vedono ormai da tempo. C’è dunque necessità di recuperare tutta questa socialità perduta. Spero che la nostra comunità possa con il tempo permettere a tutti, vicini e lontani, di sentirsi in famiglia per costruire una casa comune senza accuse, condanne, denunce e offese che purtroppo oggi riempiono il mondo e Facebook particolarmente.

D. Quali programmi e iniziative pensi che la comunità parrocchiale debba avviare perché il messaggio e l’esempio di Papa Francesco diventino “dono” per tutti i fedeli?

R. Come dopo un lungo viaggio, spero che il messaggio del Papa convinca qualcuno a tornare a casa. C’è un Padre che vi aspetta a “cuore” aperto!


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Pantaleo Gianfreda