Un omaggio a Enrico Berlinguer a trentasette anni dalla morte

Un omaggio a Enrico Berlinguer a trentasette anni dalla morte

11 Giugno 2021 Off Di Pantaleo Gianfreda
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37 anni fa, l’11 giugno 1984, moriva a Padova Enrico Berlinguer dopo un grave malore occorsogli nel corso di un comizio tenuto nella città veneta.

Per l’occasione, l’amico ing. Pantaleo “Lelè” Pagliula mi ha inviato una toccante e tenera testimonianza, che pubblico ben volentieri, anche perché mi ci riconosco totalmente.

Pantaleo “Lelè” Pagliula

Lelè, all’epoca segretario della sezione Pci di Nardò, ricorda l’affollatissimo comizio di Berlinguer in quella città in vista delle elezioni amministrative del 6 giugno 1982, due anni prima della drammatica scomparsa.

Io c’ero in quel comizio e conservo anche una foto di quel giorno, che al momento non riesco a rintracciare. Ricordo anche che al mattino di quella stessa giornata Berlinguer aveva tenuto un intervento politico a Lecce, al Palazzetto dello Sport, ed io ero dietro di lui sul palco, addetto con altri compagni al “servizio d’ordine”.

Berlinguer ha segnato la vita di molti di noi, allora giovani ed oggi “diversamente giovani”.

Quando, dopo il catastrofico risultato elettorale del 7 maggio 1972 del Mpl (Movimento Politico dei Lavoratori) di Livio Labor (già presidente nazionale delle Acli), cui tanti di noi giovani collepassesi avevano aderito, ero indeciso tra l’adesione al Psi e quella al Pci, fu proprio l’austera e carismatica figura di Berlinguer a far “pendere la bilancia” (in me e in tantissimi altri giovani) verso il Partito Comunista Italiano.

A 37 anni dalla sua morte rimangono ancora forti ed inalterati la figura ed il carisma di Berlinguer, uomo timido e mite, ma deciso e combattivo, onesto, rispettoso di tutti, di grande umanità, un patriota per il suo forte impegno per l’indipendenza dell’Italia dalle potenze straniere, interprete autentico e credibile della togliattiana “via italiana al socialismo”. Era, come fu definito, “un politico per bene”.

Una testimonianza toccante di Berlinguer: a Gallipoli, con il sindaco Mario Foscarini, visita un compagno ammalato

Lo univa a Sandro Pertini, il “Presidente più amato dagli italiani”, una stima profonda e una visione comune dell’Italia e del socialismo.

Memorabile la dichiarazione di Pertini, in quei giorni a Padova accanto a Berlinguer agonizzante, quando decise di riportare con sé, sull’aereo presidenziale, la salma di Berlinguer: “Lo porto via con me a Roma. Lo porto via, come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta“.

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Memorabili i suoi funerali a Roma, in una piazza San Giovanni (e vie adiacenti) stracolma di compagni e compagne, di gente semplice ed umile, di uomini e donne di ogni ceto sociale e di ogni credo politico e religioso.

In quella circostanza emerse con tutta la sua forza il legame che univa Enrico Berlinguer e i cittadini, c’era in piazza San Giovanni una calca immensa che creò qualcosa di irripetibile, una piazza “gremita all’inverosimile”. Perché Enrico riempiva sul serio le piazze: “Un popolo intero trattiene il respiro e fissa la bara, sotto al palco e alla fotografia la città sembra un mare di rosse bandiere e di fiori e di lacrime e di addii”, cantarono poi i Modena City Ramblers in “I funerali di Berlinguer”.

E anche Giorgio Gaber, come tanti altri artisti “innamorati” di Berlinguer”, cantò: “Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona”.

Berlinguer a Lecce con l’on. Mario Foscarini. sindacalista, deputato e sindaco di Gallipoli

In appendice, dopo l’intervento di Pagliula, riporto le copie de “L’Unità” (gelosamente conservate nel mio archivio) di quei drammatici giorni (e seguenti), che vissi prostrato in una “valle di lacrime” dal letto dov’ero inchiodato a Teramo (vi avevo portato i miei genitori da mia sorella) per una broncopolmonite. Sebbene ancora ammalato, decisi poi, per amore di Berlinguer, di ritornare a Lecce, dove allora risiedevo, per votare nelle elezioni europee di pochi giorni dopo, il 17 giugno 1984, quando il Partito Comunista Italiano divenne, per la prima (ed ultima) volta nella sua storia, il primo partito italiano con il 33,33% dei voti, superando, seppur di poco, la Democrazia Cristiana. Grazie a Berlinguer.

Pantaleo Gianfreda

Berlinguer a Nardò nel giugno 1982. A sinistra della foto: Anna Pinna, Cristina Conchiglia e Lelè Pagliula.

Di seguito l’intervento di Pantaleo “Lelè” Pagliula

L’undici giugno di trentasette anni fa moriva Enrico Berlinguer colpito da una emorragia celebrale durante un comizio a Padova mentre si apprestava a pronunciare la frase: “Compagni, lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda”.

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Anche quest’anno non posso non ricordare tutto quello che in quei tristi giorni ho sentito dentro di me e che continuerò a sentire vivamente per tutta la vita.

La sensazione di Roberto Benigni che “in quei giorni bruciava il firmamento” allora l’abbiamo provata tutti.

Abbiamo pensato tutti non solo che era successa “una tragedia politica” ma che la sua morte era per ognuno di noi, al di là del colore politico e delle idee, una disgrazia e una perdita personale.

Continuo a tenere sempre viva la sua forza morale, la sua straordinaria libertà mentale, la sua rettitudine, il suo coraggio e quel dono che aveva di parlare alla gente, di dominare la folla senza mai assumere i connotati e le spoglie del potere.

Conoscendo e approfondendo la sua vita ho capito la sua indole riflessiva e contemplativa, il suo amare la letteratura, lo studio e quanto adorava Platone, Leopardi, Montale, la musica di Wagner, Croce, Sant’Agostino.

Parlava di rigore, moralità, coerenza, equilibrio, passione, fatica, tenacia, tutte cose che adesso qualcuno dice che sono fuori moda e di cui tutti sentiamo il bisogno.

Ho avuto in più occasioni la fortuna di conoscerlo, di stare con lui, di parlarci e quello che mi ha colpito era la sua riservatezza, la sua timidezza, la sua forza severa, discreta e triste.

Altra foto del comizio di Nardò: Berlinguer con Anna Pinna e Cristina Conchiglia Calasso

Quella sera a Gallipoli nel Ristorante Marechiaro, dopo il bellissimo comizio con immensa manifestazione di popolo in Piazza Osanna a Nardò, prima delle elezioni comunali del 6 giugno 1982, scoprii un uomo logorato dalla fatica e con una grande voglia di serenità, di fare contemplazione, di normalità, di voglia di trovare uno spiazzo per tirare due calci dietro un pallone.

Quella sera indimenticabile con l’amico Gori Napoli arrivai in ritardo al ristorante a Gallipoli poiché in quegli anni come Segretario della Sezione del PCI di Nardò, era normale abbandonare la piazza per ultimo e dopo avere messo a posto il palco. Appena Berlinguer mi vide entrare si alzò dal posto dove cenava insieme agli altri dirigenti del PCI e mi salutò. Abbandonò i commensali, ci appartammo e mi chiese notizie di Nardò, del mio lavoro e dei compagni e mi manifestò per la mattina dopo il desiderio di una passeggiata vicino al nostro mare prima di iniziare una ennesima faticosissima giornata.

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Andai la mattina seguente all’albergo dove alloggiava, ma purtroppo era già partito molto presto.

Dopo le elezioni mi chiamò a Roma dove in una riunione della Direzione del PCI esaminò dettagliatamente i risultati di Nardò e degli altri piccoli Comuni coinvolti in quella tornata elettorale. Ricordo che erano presenti in quella riunione Nilde Iotti, Alfredo Reichlin, Alessandro Natta, Ferdinando Di Giulio, Giorgio Napolitano, Alessandro Barca, Achille Occhetto, Pietro Ingrao, Emanuele Macaluso, Aldo Tortorella.

Dopo qualche mese insieme con un gruppo di compagni di Nardò, in occasione di una manifestazione nazionale in Piazza San Giovanni in Laterano, trovò il tempo di riceverci alle Botteghe Oscure, ricordandosi della bella e amichevole accoglienza che aveva avuto a Nardò e riconfermando il rapporto personale, fiducioso e confidenziale con il Segretario della Sezione che quel giorno di giugno, coincidente con il suo compleanno, lo aveva presentato in Piazza Osanna e poi gli aveva fatto passare qualche minuto sereno a Gallipoli.

Era una persona perbene Enrico Berlinguer, parlava poco ed era uno dei pochi politici che manteneva le promesse.

Una piccola cosa, ma che in politica è grande come una montagna”, diceva di lui Enzo Biagi.

Berlinguer era un uomo che sosteneva con forza l’idea dell’etica nella politica e ci credeva davvero. Adesso sono sempre di più quelli che non vogliono sentire parlare di etica e che anzi stabiliscono in due categorie diverse il campo della morale e il campo della politica che viene vista come carriera, successo, potere, forse anche come corruzione.

Questa scissione Berlinguer non l’accettava perché per lui era il rovescio esatto della concezione che aveva dell’integrità e della coerenza.

Quando penso a Enrico Berlinguer con affetto e dolore sincero c’è, alla base, un sentimento profondo verso un uomo pulito che metteva gli interessi personali al di sotto di quello che lui considerava il bene comune del Paese.

Pantaleo Pagliula

L’Unità, 8 giugno 1984

L’Unità, 9 e 10 giugno 1984

L’Unità (doppia edizione), 11 giugno 1984

L’Unità, 12 e 13 giugno

L’Unità, 13 (edizione straordinaria) e 14 giugno


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Pantaleo Gianfreda