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“Lettera d’Amore ai Collepassesi per San Valentino”
14 Febbraio 2023In merito alle poco edificanti vicende di questi giorni, che hanno “sbattuto” Collepasso in prima pagina nella cronaca dei giornali e delle Tv nazionali, un amico mi ha segnalato questa bella e significativa “Lettera d’Amore…” pubblicata su un blog, gestito da Chiara Calò, 39enne professionista di Collepasso, che riporto di seguito. Buona lettura! (p.g.)
Ancora adesso che scrivo sono un misto di “non mi va di farlo” e “massì potrebbe essere terapeutico”. Non s’inizia una lettera d’amore così però è la verità, non avevo voglia di affrontare l’argomento ma non sono riuscita a togliermelo dalla testa e quindi ho scelto, scrivo.
Scrivo a causa del comizio che ha scandalizzato metà Collepasso e lasciato l’altra metà a dire “quante storie per due battute” e poi “fosse stato un sindaco uomo nessuno si sarebbe scandalizzato”. La mia lettera d’Amore è dedicata a tutte e due le metà.
Il fatto è stato riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, LeccePrima, Alfemminile, Virgilio, Quotidiano di Puglia, Corriere Salentino, L’edicola del sud, Lecce Sette, FanPage, Libero, Rainews e altri siti minori (da adesso anche il mio). Il Corriere della Sera ha addirittura twittato un post con un primo piano di Laura. Tutti parlano di insulti sessisti. Chi ha combinato il pasticcio potrebbe essere lo zio di tutti noi e non me la sento di infierire, anzi, scrivo una lettera d’Amore a tutti i Collepassesi nella giornata di San Valentino.
L’Amore mio per i Collepassesi oggi prende più la forma di comprensione. Siamo tutti impastati di patriarcato. “Se fosse stato un sindaco uomo nessuno si sarebbe scandalizzato e sarebbe rimasto solo l’amaro della violenza verbale”. Vero. Però il sindaco è donna e il dubbio rimane. Da una parte credo che lo scalpore nazionale dell’evento dipenda dal fatto che abbiamo un Presidente donna e quindi fa più notizia di ieri, dall’altra, ci ha fatto bene vederci mettere in discussione.
È difficile distinguere battute sessiste da quelle che non lo sono. Minacciare di schiaffi è sessista? Ma certo che no. Però l’immagine di un uomo che prende a schiaffi una donna, sindaca o no, ci fa male. Ci viene il nodo alla gola. E non sarebbe lo stesso se minacciato di schiaffi fosse un uomo, perché immagineremmo una rissa come quelle in parlamento, che non fa più notizia. E se a “non godere mai” fosse un uomo, avrebbe quest’espressione lo stesso sapore di frigidità di cui si insultano le donne serie e professionali? No. Per me è una questione di sensazioni, non di frasario.
Sono tantissime le sensazioni che provo nel fare e non fare, nel dire e non dire solo perché donna. Per me entrare da sola in un bar a Collepasso mi mette ancora a disagio. Sembrano quei posti dove entrare con i pantaloni da uomo è normale, entrare con la gonna un po’ meno. Nessuno mi ha mai detto esplicitamente che non si fa. È solo una “sensazione” di leggero imbarazzo. Perché i collepassesi si ricordano che, in un tempo non lontano, le donne che entravano in un bar eran viste male. O come quando da adolescente attraversavo la villa ed evitavo di passare davanti alla panchina dov’erano seduti “i maschi” perché non stava bene. Non ne parliamo proprio del fermarsi a parlarci. Una sera avevo fatto una passeggiata da casa della nonna alla villa fino al castello e ritorno. Sono stata rimproverata (da una donna) perché ero andata in giro da sola con un gruppo di maschi. Ma quei maschi erano miei cugini. E chi parlava lo sapeva. Avevo 13 anni ma comprendevo quel punto di vista. C’era, tra di noi, una generazione di differenza. E comprendevo che le nostre opinioni erano diverse per quel motivo, ma provai lo stesso vergogna per quella passeggiata e tornai a casa confusa e in colpa.
A Milano, in ufficio, mi capitava di andare ad accogliere all’ingresso vari ospiti che venivano da noi per delle riunioni di lavoro; anche i due amministratori della società venivano alla porta. In ben tre occasioni, gli ospiti che entravano subito stringevano la mano ai due uomini e non a me. Ero ai loro occhi la segretaria a cui non serviva presentarsi (un po’ alla Checco Zalone in Quo Vadis). Mi guardavano, facevano un cenno del capo e filavano dritti in sala riunione, dove mi ritrovavano dall’altra parte del tavolo. Quando è successo la prima volta ci rimasi molto male insultandoli dentro di me. La seconda e la terza volta mi limitai a constatare la gravità della situazione lavorativa delle donne in Italia.
Insomma, essere donna è un bel grattacapo.
Ovviamente in nessuno di questi fatti c’era violenza verbale. Ma quando si ha un microfono in mano e l’adrenalina del pubblico che ascolta, fare il pasticcio è un attimo. Penso che certi pensieri, ereditati da tempi precedenti, esplodano violentemente, tant’è è faticoso l’esercizio di reprimerli, perché son conficcati dentro l’amore per coloro che ce li hanno trasmessi con battute e regole di comportamento. E’ per questo che bisogna affrontare il tema con Amore.
La sensazione di cui parlo è stata trasmessa a tutti. Le frasi pronunciate nel comizio del 12 febbraio, che vi piaccia o no, sono dentro tutti noi. Ecco perché siamo divisi a metà tra il “non è poi così grave” e il “mi sento male a rivedere il video”.
Io amo le generazioni che ci hanno preceduto. Ma con amore ringrazio quello che ci hanno insegnato e abbandono quello che è necessario adesso abbandonare.
A te che mi hai accompagnato in questo sfogo fin qui, bisognerà ammettere che i nostri nonni non sempre avevano ragione e che ci hanno lasciato un’eredità patriarcale fastidiosa. Per quanto mi riguarda, io ringrazio con Amore e vado avanti.
Oggi hai letto 923 parole d’Amore.
Fonte: cliccare su ilpasso.blog
Cara Rosalba,
Anche io ho vissuto a Collepasso, ed ora non più. Io nelle tue parole non mi ci ritrovo. E penso di non essere l’unica. Trovo banale il tuo generalizzare.
A Collepasso non si può vivere una vita indipendente e libera?? Si usa la macchina solo per andare al bar o al tabacchino? Tutti si fanno i fatti di tutti?
Finché sono stata a Collepasso sono stata indipendente e libera. Non frequentavo nè bar nè tabacchini. Pensa, la macchina la usavo per andare a lavorare. Di quello che facevano gli altri non mi importava proprio. E la mia mente non è permeata da maschilismo.
Saluti
Grazie Chiara per le tue parole d’amore che condivido e sostengo con amore anche io che da 42 anni mi sono allontanata da Collepasso e che ultimamente ci ritorno spesso con amore.
Ho ritrovato un paese spopolato di tanta gioventù che come me è via per studiare, per lavorare, per vivere una vita indipendente e libera. In compenso le strade sono piene di macchine parcheggiate sotto casa pronte per arrivare fino al bar o al tabacchino per un pacchetto di sigarette.
Quello che a Collepasso non è mai mancato e anzi se ce ne fosse ancora bisogno si è ancora di più incancrenito è
“lu malangu” la maldicenza, il pensare male, il ricamare, tagliare e cucire storie partendo da un briciolo di verità mai riconosciuta e compatita.
Questa consuetudine è condita da un atavico e ipocrita maschilismo di cui è impermeata la mentalità di donne e uomini, vecchi e giovani che si dilettano a trinciare e sezionare l’umanità colpevole e peccaminosa.
Le parole di domenica sono uscite fuori spontaneamente, perché è questo che si pensa di una donna, chiunque essa sia: sindaca, sorella, madre, zia, cugina, … . Perché se sono donne hanno il dovere di aiutare gli uomini, in tutti i sensi. Uomini che senza le donne non riescono a sopravvivere e che se va bene dobbiamo imparare ad isolare.
Prima di tutto siamo noi donne che dobbiamo rispettarci sempre, comunque, in qualunque situazione. Forse alla fine anche quegli uomini e quelle donne come loro, impareranno a farlo.
La Sindaca dovrebbe con un grande scatto di orgoglio femminile fare in modo di prendere in considerazione le opportunità che questa crisi ha generato e creare delle alleanze in grado di offrire un futuro a Collepasso.