Eclissi: paure, suggestioni e leggende legate al Sole che scompare

19 Marzo 2015 Off Di Pantaleo Gianfreda
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eclissi-di-sole1Il giorno che si tinge di nero. Le tenebre che divorano la luce. Le stelle a mezzogiorno. Le eclissi solari hanno accompagnato tutto il corso della storia umana. E per millenni sono state un fenomeno che ha terrorizzato gente comune e sovrani, eserciti e generali: un funesto presagio perché rovesciamento del quotidiano e del senso comune. Tutti i popoli hanno avuto modo di osservarne il succedersi e il ripetersi nella loro periodicità. Di eclissi solari, infatti, se ne verificano almeno un paio ogni anno. Quella del prossimo 20 marzo sarà uno spettacolo da non perdere: anche se non potremmo vedere un’eclissi totale (visibile solo dalle isole Faer Oer) il disco del sole sarà oscurato per circa il 70 per cento a Milano e il 60 a Roma.
Gli astronomi ubriachi. La memoria più antica di un’eclissi ha viaggiato fino a noi sul filo della leggenda. Siamo in Cina, più di 4mila anni fa. In previsione di un’eclissi, tamburi e arcieri reali dovevano essere pronti per spaventare e combattere il drago che divorava il Sole. La sua scomparsa, seppure per pochi minuti, era infatti un pessimo presagio per la sorte dello stesso re, legittimato dal volere celeste.
I cinesi, dunque, erano in grado di fare previsioni già 2mila anni prima di Cristo. La storia narra che Hsi e Ho, i due astronomi di corte, mancarono però la previsione, non per imperizia, ma perché erano ubriachi. Non si riuscì a mettere mano in tempo alle mazze e agli archi, ponendo così a rischio la vita dell’imperatore. Per punizione, Ho e Hsi furono giustiziati, ma la loro vicenda ci ha consegnato forse la testimonianza più remota di un’eclissi nella storia della civiltà: quella del 22 ottobre 2137 avanti Cristo.
Il primo documento scritto relativo a un’eclissi di Sole è invece quello rappresentato dalla tavoletta ritrovata nel 1948 a Ugarit, nell’attuale Siria, incisa in scrittura cuneiforme. Riporta la descrizione dell’oscuramento e la comparsa di Marte in pieno giorno. Gli studiosi, proprio sulla base della posizione di Marte e della datazione della tavoletta, hanno ipotizzato che si tratti del fenomeno accaduto il 5 marzo 1223 avanti Cristo.
Il re contadino. Quasi come un macabro carnevale, le eclissi hanno avuto il potere di ribaltare i ruoli e trasformare re in contadini e prigionieri in re, da sacrificare però per salvare i primi. Accadeva nel regno assiro. La cerimonia dello sar puhi è ben raccontata in un capitolo del libro Notte di stelle, scritto da Margherita Hack e Viviano Domenici. Sotto i regni di Esarhaddon e poi di Assurbanipal (dal 681 al 631 a.C. circa), all’approssimarsi di un’eclissi di luna o di sole sul trono veniva posto un “parafulmine” umano: al posto di re e regina salivano un criminale, un prigioniero di guerra oppure una persona qualsiasi assieme alla provvisoria consorte. I nuovi incoronati venivano così segnati, secondo la credenza, con le maledizioni che l’infausto evento portava con sé. Il sovrano nel frattempo si rifugiava in campagna e diventava un “fattore” sotto mentite spoglie. Al termine del regno dello sar puhi, cioè del “re sostituto”, che durava un centinaio di giorni, i due finti reali venivano giustiziati e sepolti con una cerimonia funebre regale, per essere sicuri che l’inganno giocato alle divinità fosse credibile.
La fine della guerra. Il conflitto tra Lidi e Medi durava già da sei anni quando i due eserciti si affrontarono sulle sponde del fiume Halys, nell’attuale Turchia, il 28 maggio del 585 avanti Cristo. In quella data “improvvisamente il giorno si fece notte”. A raccontarlo è Erodoto, nelle Storie, il quale sostiene che proprio quella eclissi fu predetta da Talete di Mileto. Lidi e Medi però non ne avevano notizia.
I due eserciti, terrorizzati dall’evento, lasciarono cadere le armi e, poco dopo, i sovrani Aliatte e Ciassarre si affrettarono a stipulare una tregua che pose fine alla guerra tra i due popoli. I calcoli molto precisi possibili oggi hanno permesso di isolare l’episodio e di datarlo con certezza.
Erodoto racconta come anche il re persiano Serse fu spaventato da un’eclissi di Sole, poco prima di attaccare i Greci alle Termopili nel 480 avanti Cristo. Ma fu rassicurato dai propri sacerdoti. I magi sostennero che la Luna che eclissava le città elleniche fosse un buon presagio per i persiani. Qui è la storia che, finalmente, incontra la scienza. Le parole di Erodoto dimostrano come la spiegazione naturale al fenomeno fosse già conosciuta anche prima delle osservazioni del filosofo greco Anassagora.
Il ritorno di Ulisse. I riferimenti alle eclissi nella storiografia e nella letteratura antiche sono naturalmente diversi, dall’Antico testamento al poeta greco Archiloco. Anche Omero ne parla nell’Odissea: il ritorno a Itaca di Ulisse è preceduto proprio dall’oscuramento del Sole. In questo caso la sventura portata dall’eclissi si abbatté sui Proci. Era il 16 aprile 1178 a.C. quando il Sole fu “tolto dal cielo e un’oscurità sinistra invade la terra”. La data è risultato dello studio di questi versi e dei dettagli astronomici presenti nel poema che hanno permesso di collocare, quindi, anche la caduta e la distruzione di Troia con buona precisione, tra il 1192 e il 1184 prima di Cristo.
La Luna passa regolarmente davanti al Sole. È un calendario cosmico estremamente preciso. Grazie alle proiezioni e ai calcoli possibili oggi, possiamo virtualmente tornare indietro nel tempo e visualizzare quando e dove le eclissi furono visibili con estrema precisione. Questo ci permette di ricostruire e datare episodi remoti della nostra storia, incrociando le informazioni delle testimonianze scritte. Come l’osservazione del 3 agosto del 431 a.C., durante la guerra del Peloponneso. O l’occultazione del 632 dopo Cristo, prossima alla data di nascita di Maometto. La morte del sovrano carolingio Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, seguì di poche settimane l’eclissi del 5 maggio 840: anche questo un “presagio” della fine imminente dell’imperatore.
L’abilità e la comprensione scientifiche permettevano, quindi, già nell’antichità di prevedere le eclissi con una discreta precisione. Questo presupponeva, per esempio, la conoscenza di quello che ora chiamiamo “ciclo di Saros”. Si tratta di un intervallo di tempo ciclico di circa 18 anni scaduto il quale le eclissi si ripresentano simili. Conoscenze di questo tipo sono un patrimonio che risale a più di 2mila anni fa ed era in possesso dei Caldei, in Mesopotamia. Ma questo tipo di previsione è riportata anche sui calendari dei popoli precolombiani come i Maya.
Col passare dei secoli e col progredire degli studi di fisica e astronomia, i misteri del “sole nero” sono stati svelati. E con essi è scomparso anche il terrore per un fenomeno “soprannaturale” finalmente spiegabile dalla teoria copernicana e, successivamente, con formule matematiche molto dettagliate. Astronomi e fisici capirono che il transito della Luna di fronte al Sole poteva fornire ulteriori indizi sulla nostra stella ma non solo. Le osservazioni portarono alla scoperta e alla conferma di alcuni “mattoni” che tengono insieme l’universo stesso.
La prima spedizione. Nel 1780 il professore di Harvard Samuel Williams ottenne un lasciapassare dagli inglesi per varcare le linee nemiche durante la guerra d’Indipendenza americana, per poter osservare l’eclissi totale che si sarebbe verificata il 27 ottobre di quell’anno. L’interesse scientifico gli garantì l’immunità per raggiungere la baia di Penobscot, nel Maine. Sfortunatamente Williams sbagliò a calcolare l’area della totalità (la zona in cui cade l’ombra della luna) e poté osservare solamente un’eclissi parziale.
La corona che incanta. A metà dell’800 risale la prima “foto” di un’eclissi: un dagherrotipo che per la prima volta immortalò la corona solare, grazie allo schermo posto dalla Luna. Pochi anni più tardi fu proprio grazie a un’eclissi che il francese Pierre Janssen e l’inglese Norman Lockyer poterono scoprire l’esistenza di quello che ora sappiamo essere il secondo elemento più presente nell’universo: l’elio. Ottennero lo stesso risultato lavorando indipendentemente: analizzarono lo spettro di emissione della luce della corona solare scoprendo che non aveva nessun riscontro con tutti gli elementi conosciuti fino ad allora. Il nome del nuovo elemento fu scelto proprio ispirandosi alla nostra stella.
Le teoria di Einstein. Quello scampolo di notte che piomba nel bel mezzo del giorno ha fornito anche una conferma alla legge della Relatività generale di Einstein. In particolare la teoria che un campo gravitazionale può deflettere anche la luce. Il 29 maggio 1919 le due spedizioni organizzate da sir Arthur Stanley Eddington in Brasile e nella Guinea Spagnola avevano l’obiettivo di fotografare l’eclissi e le stelle più luminose che apparivano nella stessa regione del disco oscurato del Sole. Il confronto delle lastre con la posizione che avrebbero dovuto occupare in condizioni di osservazioni normali diede la prova che la luce delle stelle era stata deviata dal campo gravitazionale del Sole. Einstein ci aveva visto giusto.
Antiche paure. Le eclissi solari, però, non hanno smesso del tutto di influenzare la cultura popolare e di alimentare timori. Fino al XIX secolo, per esempio, la Marina militare cinese ha continuato la tradizione di “sparare” a salve contro il drago che voleva ingoiare il Sole. Accadeva 150 anni fa. Sei anni fa, invece, il 22 luglio 2009, le autorità cinesi hanno allertato le forze di polizia lungo tutto il corso dello Yangze per evitare scene di panico durante l’eclissi prevista per quel giorno. E a Chongqing il sindaco vietò l’uso dei telefonini durante l’oscuramento del Sole. Insomma, nonostante il fenomeno sia stato ormai spiegato ampiamente, ritrovarsi ad ammirare le stelle a mezzogiorno non ha mai smesso di inquietare i pur ben informati “spettatori”.

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Matteo Marini, repubblica.it


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